Bartleby
coproduzione Teatro Invito/Teatro della Cooperativa
con Luca Radaelli
traduzione Luca Radaelli
scenografie Renato Sarti
luci e tecnica Graziano Venturuzzo, musiche Carlo Boccadoro
regia Renato Sarti
Herman Melville è senza dubbio uno dei massimi scrittori di tutti i tempi.
Dei suoi romanzi brevi il più particolare e discusso è Bartleby, lo scrivano (1853), considerato un precursore dell’esistenzialismo e della letteratura dell’assurdo. Anticipatore di Kafka e Camus, ispirato a Dickens o alle filosofie orientali, resta uno dei testi più elusivi e affascinanti della Storia della Letteratura.
Ambientato a Wall Street, descrive il contrasto tra la vita frenetica, rampante, votata al denaro e alla produttività, incarnata dalla city newyorchese e Bartleby, un personaggio che si rifiuta di svolgere le mansioni lavorative che il suo principale gli affida, finendo a poco a poco col rifiutarsi di fare alcunché, financo di vivere.
Questa opposizione, così radicale, a un mondo positivista e pragmatico, viene descritta dall’esterrefatto datore di lavoro: un pacifico avvocato che cura gli interessi di danarosi clienti ma che prova una strana attrazione mista a compassione e desiderio di scoprire quale mistero si celi dietro al rifiuto sempre più reciso di Bartleby.
Il desiderio di Bartleby di affrancarsi dalla schiavitù del lavoro – e di un lavoro alienato come quello di copista – anche a costo della sua stessa vita, lo rende un personaggio oltremodo moderno, un working class hero: un eroe solitario che si batte con pervicacia donchisciottesca contro il Moloch del capitalismo internazionale.
Ma altrettanto interessante è l’antagonista/narratore: l’avvocato che cerca in tutti i modi di capire, senza riuscirci, la protesta dello scrivano. Il lavoro di scavo delle ragioni dell’altro, la pietà cristiana, l’indignazione, l’autoanalisi spietata anche dei sentimenti meno nobili che prendono il sopravvento in una simile vicenda rendono l’avvocato umanissimo e fanno sì che il lettore si immedesimi negli sforzi del principale.
E’ una narrazione sul filo dell’ironia, a tratti persino comica, che ci prende per mano e ci conduce su un sentiero sempre più stretto, alla fine del quale ci ritroveremo sull’orlo di un abisso.
Perché anche noi, come l’avvocato, sentiamo affiorare gli stessi desideri, le stesse domande ogni qualvolta ci imbattiamo in un immigrato, in un accattone, in un malato psichico. Perché Bartleby è l’Umanità intera. Salvare Bartleby è l’impresa ardua, il grande fardello che ognuno di noi ha sulla coscienza.