di e con TONINO SERRA, GIANFRANCO LOI e RAFFAELE SERRA.
Questo libro, scritto a sei mani, è la storia di un popolo in-guerra: una microstoria che si inserisce nella cornice della storia nazionale negli anni tragici del secondo conflitto mondiale. E’ la prosecuzione e la conclusione del racconto degli ierzesi in guerra, prima nella Grande guerra e poi nelle guerre del Duce, che partono dall’aggressione all’Etiopia, continuano con la partecipazione alla guerra di Spagna e si concludono nella disfatta della Seconda guerra mondiale. Un periodo nefasto di follia collettiva, che inizia nel 1915 e finisce nel 1945: una “guerra dei trent’anni”, come sostengono molti storici, che seminò sofferenze immani. Ma la descrizione del paese in epoca fascista è stata curata con particolare attenzione da Gianfranco Loi, che ha scritto le pagine forse più intense su quei tempi muovendo da un antico proverbio africano: “Ogni anziano che muore è paragonabile ad una biblioteca che brucia”.
Scrive Gianfranco: “È vero. Ho intervistato tanti anziani del paese e ogni loro racconto è stato un nascere di nuove emozioni e di nuove scoperte. La gran parte di noi ha studiato il ventennio fascista solo attraverso i libri di storia. Ma i libri parlano di grandi vicende, di trattati nazionali e internazionali, delle guerre, raccontano di “grandi” personaggi, non raccontano la storia della gente più comune, quella gente che ha dovuto subire, inerme, senza nessuna possibilità di riscatto e di ribellione una vita di stenti e di privazioni non solo materiali, ma anche civili. Parlare con i vecchi del paese significa spalancare un palcoscenico ed entrare in un mondo di cui si percepisce solo una vaga idea, per qualche accenno dei genitori o perché sei uditore occasionale di parole che i nostri anziani scambiano tra di loro seduti nei gradini del corso o attorno al tavolino del bar o nella barberia in attesa del turno. Battute, pochi ricordi, “sentito-dire”, gli occhi spesso lucidi dall’emozione del ricordo, e mal sopportano lamentele dei più giovani sulla vita di oggi, anzi spesso li scherniscono, seppure con un filo di amarezza: “Tui non asconnotu su famini ‘e guerra”. Nelle chiacchierate con questi anziani, preziose per studiare e capire il ventennio fascista, così com’è stato vissuto a Jerzu ho scoperto persone meravigliose, con una dignità e una freschezza morale e intellettuale sorprendenti e insospettabili. Bastano poche e mirate domande per stuzzicarli e stimolarli e, mentre ascolti la loro narrazione in religioso silenzio, non puoi non sentirti arricchito di sentimenti e di valori che si stanno perdendo nel tempo, ma che vivono nei nostri anziani, valori che vogliono trasmettere a noi, quasi come un monito a non ripetere errori che hanno provocato tragedie vissute sulla loro pelle, valori rafforzati da una vita difficile di stenti, di miseria, di privazioni di ogni genere, morali e materiali.”
Raffaele Serra, come nel libro “Ierzesi nella Grande guerra” ha curato la raccolta delle schede militari nell’Archivio Nazionale di Cagliari: lavoro faticoso e improbo, perché i registri dei ruoli matricolari sono spesso in pessime condizioni e di difficile lettura. Per tale motivo è stato indispensabile controllare i dati dei documenti militari con quelli dell’anagrafe comunale; e con le vecchie carte d’identità dismesse, abbandonate in una stanza della vecchia Casa del Fascio e tolte dall’oblio da Renato d’Ascanio, che le ha ripulite e messe in condizioni di essere pubblicate. Senza queste foto, il libro avrebbe raccontato storie e tragedie di uomini senza volto. Preziosi sono i contributi di Antonio Mou sulla società Ierzese in tempo di guerra; interessantissimi sono i documenti e i racconti di Rosanna Corda, Simona Mereu, Maria Mura e Nevina Usai sulla prigionia dei rispettivi padri nei lager tedeschi e americani. Purtroppo non tutti hanno dimostrato interesse verso la conservazione della memoria storica, che non appartiene solo al nucleo ristretto della propria famiglia, ma si inserisce nella cornice della storia della nostra comunità. La storia, che forma la “memoria storica”, si apprende e si studia sui saggi critici scritti da specialisti del settore, ma la “piccola storia” forma la “memoria collettiva” e si impara ascoltando chi ha vissuto quei tempi. Spetta a noi consegnare alle future generazioni i ricordi di chi ha vissuto la tragedia della guerra, la paura, la fame. Questo libro, che la Peste costringe a uscire senza rispettare il 45 anniversario della fine della Guerra, nasce proprio da questo dovere morale: raccontare la nostra gente, conservare i nostri ricordi e tramandare le vicende di tanti soldati, che oggi non ci sono più e non devono essere dimenticati. Morirebbero un’altra volta e in modo definitivo se ne perdessimo la memoria.
Edizione Condaghes
3 AGOSTO 2021 – Aula Consiliare – Jerzu