in scena Alessandro (popolo, ministro e avvocato), Fabio (prologo e Padre Ubu),
Federico (popolo, Madre Ubu, buttafuori e avvocato), Checco (popolo, Padre Ubu, ministro),
Francesco (popolo, notabile e narratore), Giorgio (popolo e ministro),
Nicola (Re Venceslao, ministro), Salvatore (popolo, Madre Ubu, notabile e narratore)
testi di Alessandro Lay e Pierpaolo Piludu
liberamente ispirati a “Ubu Re” di Alfred Jarry
con la collaborazione drammaturgica di Alessandro Mascia
scene e costumi Mario Madeddu, Marilena Pittiu
suono Andrea Mascia
Padre Ubu è un sovrano prepotente, rozzo, vile, cinico, innamorato del potere, capace di qualsiasi nefandezza pur di non rinunciare alla corona che ha strappato dal capo di re Venceslao dopo averlo assassinato. E siccome Dio li fa e poi li accoppia… madre Ubu, la sua dolce metà, è laida, arrogante e assetata di potere almeno quanto il suo amato-detestato marito! Quando nel 1896 il liceale Alfred Jarry iniziò a scrivere la sua prima versione di “Ubu Re” (forse per sbeffeggiare un professore particolarmente dispotico e ignorante), non poteva immaginare che il suo personaggio sarebbe presto diventato il simbolo grottesco dell’arroganza del potere e la commedia un classico del teatro contemporaneo.
La rappresentazione conclude la quinta edizione del progetto “Per Aspera Ad Astra. Riconfigurare il carcere attraverso cultura e bellezza”. Il laboratorio teatrale, col sostegno del CPIA 1 Karalis e della Fondazione Malagutti, andrà avanti sino al mese di dicembre in cui verrà presentato lo spettacolo nella versione integrale.